L’impegno assunto dal governo è di trovare un nucleo familiare che accolga i 1.200 minori che vivono attualmente nei “centri di cura sociale”. Ma affido e adozione sono pratiche complicate e non molto diffuse. E poi esiste il problema delle adozioni all’estero. L’arcivescovo di Riga, mons. Zbignevs Stankevics: “Quando aiuti un bambino, aiuti Dio che è nascosto in lui”.

Poiché nel 2018 celebrerà i cento anni d’indipendenza, la Lettonia si è data come obiettivo di svuotare i suoi orfanotrofi facendo in modo che ognuno dei circa 1.200 bambini che vivono ancora nei “centri di cura sociale” possano trovare una famiglia lettone che li accoglie entro il 2021. Il ministero per gli Affari sociali guidato da Jānis Reirs, ha lanciato una campagna su molti fronti per incoraggiare le “de-istituzionalizzazione” della cura di questi bambini. Per la maggior parte si tratta di minori che hanno più di 10 anni, in buona parte tolti a famiglie con problemi di dipendenze (alcool, droghe). Dal 1999 oltre 1.000 bambini sono stati adottati da famiglie negli Stati Uniti, 370 in Lituania e 100 in Estonia (Paese che però ora vieta l’adozione dall’estero). Negli ultimi tre anni sono tra i 250 e i 300 bambini dati in adozione all’estero o in Lettonia, Paese che ha poco meno di 2 milioni di abitanti e un salario lordo medio intorno ai 900 euro.

Problemi attorno alle adozioni estere. Nelle scorse settimane però è scoppiato il caso di alcune agenzie straniere attive in Lettonia per facilitare l’adozione internazionale verso gli Stati Uniti che agirebbero lucrando su questi passaggi di bambini con numerose irregolarità procedurali a danno dei bambini stessi, in alcuni casi sottratti a famiglie affidatarie in cui erano già inseriti seppure temporaneamente. Del caso si è occupato anche il comitato per i diritti umani del parlamento lettone e il ministro Reirs ha annunciato il 31 ottobre l’intenzione di definire un gruppo di lavoro che approfondisca il problema in vista dell’elaborazione di norme volte a inasprire le procedure per l’adozione estera.

La posizione della Chiesa cattolica. Su questo punto il dibattito in Lettonia è però molto acceso. Lo ha dimostrato un incontro che si è svolto il 7 dicembre presso la Casa della Sacra Famiglia a Riga sui “pro e contro all’adozione straniera”, di cui ha riferito al Sir Ingrida Lisenkova, del servizio di informazione della Chiesa cattolica in Lettonia. Se per un verso un bambino lettone ha diritto a crescere nella sua terra, andare all’estero spesso rappresenta opportunità – scolastiche, sanitarie, lavorative, sociali – che altrimenti non potrebbero trovare. C’è quindi chi vede “la cura degli orfani all’estero come una buona soluzione per questi bambini che altrimenti hanno un futuro incerto e pieno di difficoltà nel nostro Paese” e c’è chi invece ritiene che “la nostra società deve cambiare e imparare ad assumersi la responsabilità, a prendersi cura di chi ha avuto la sfortuna di genitori” non in grado di allevarli. In quel contesto, l’arcivescovo di Riga Zbignevs Stankevics aveva affermato: “Quando aiuti un bambino, aiuti Dio che è nascosto in lui” ed “è un ottimo contributo perché essi sono il futuro della Lettonia. Se la crescita in umanità sarà più lenta di quella del Prodotto interno lordo, allora il nostro Paese vivrà una grande crisi”.

Violenze, le scuse del governo. Un altro risvolto del problema dei figli senza famiglia era emerso in primavera con i numerosi casi di maltrattamento negli “orfanotrofi”, a partire da quello di Jelgava, dove si era dimesso il direttore del Centro e quasi tutto lo staff. La vicenda aveva spinto il ministro Jānis Reirs ad affermare: “Voglio chiedere scusa, a nome del Paese, alle persone le cui vite sono state irreversibilmente spezzate, ma anche a quelle che sono state in grado di costruirsi una vita, pur affrontando enormi ostacoli. Chiedo scusa per il fatto che ci sono ancora orfanotrofi e istituzioni simili in Lettonia, anche se lo Stato ha dichiarato che ogni bambino dovrebbe crescere in un ambiente familiare”.

Procedure di affido e di adozione. Trattandosi di bambini non più piccolissimi e spesso con difficoltà di vario genere, i cosiddetti “bambini del sistema”, il problema dell’accoglienza in famiglia non è solo una questione economica, per altro non irrilevante. Per questo il ministro ha affermato di voler definire un gruppo di lavoro per studiare a fondo i motivi per cui le famiglie lettoni faticano ad adottare bambini e quali soluzioni mettere in campo. “Perché questi sono bambini lettoni e noi come società dobbiamo prenderci cura di loro”, precisa Lisenkova. Tra le proposte avanzate dal ministro, c’è di velocizzare le procedure di affido e di adozione, così pure l’istituzione del programma Plecs, che prevede “centri di sostegno” per accompagnare tutto l’iter procedurale, selezionare, preparare e accompagnare le famiglie affidatarie sotto forma di consulenze psicologiche e la creazione di gruppi di aiuto.

ARTICOLO TRATTO DA AGENSIR.IT