Tre storie di tre bambini provenienti da parti diverse del mondo, ma accomunati dalla dura vita di strada. La BBC ha deciso di raccontare l’infanzia svantaggiata di questi bambini attraverso le loro parole.
Alexey, San Pietroburgo, Russia
“Il mio nome è Alexey. Tutti mi chiamano Lesha. Ho nove anni. Vivo per strada di fronte all’appartamento dove vivevano i miei genitori. Sono entrambi alcolizzati e hanno venduto la casa così da poter pagare gli alcolici. Adesso vivono per strada insieme ad altri alcolizzati muovendosi di continuo da un posto all’altro. Spesso incontro i miei vecchi vicini di casa ed elemosino da loro un po’ di soldi o di cibo. Non vado loro tanto a genio perché emano un cattivo odore, fumo e sniffo colla. Non voglio stare con i miei genitori ma non mi piacciono neanche i posti per bambini come me, lì devi fare quello che ti dicono e svegliarti ad una certa ora, io sono abituato a fare quello che voglio.”
Carlos Heridia, La Paz, Bolivia
Carlos, 9 anni, ha iniziato a fare giocoleria un anno fa. È iniziato come un gioco, adesso è il suo lavoro pomeridiano in una affollata strada di La Paz, in Bolivia. La sua situazione è simile a quella di milioni di “bambini di strada” dell’America Latina. Di solito hanno un rifugio in mezzo alle baraccopoli o in aree povere, ma la loro situazione economica disperata li costringe a vivere per strada tutto il giorno dove fanno quello che possono per guadagnare soldi.
“Dobbiamo mangiare. Io vado a scuola la mattina e poi vengo all’angolo della strada a giocare con le palline. Non ho tempo per il pranzo, mangio qualcosa alle 16 quando ci sono meno macchine e non si guadagna tanto. Dopo torno qui con mio fratello di undici anni. Lui non sa fare giocoleria, balla. Riusciamo a guadagnare venti boliviani (2,5 sterline) al giorno. La notte torniamo a casa, è molto lontana, più o meno due ore di viaggio. Molte macchine ci danno i soldi, altri automobilisti si arrabbiamo con noi, iniziano a suonare il clacson o partono quando siamo ancora in mezzo alla strada, e non ci danno soldi.”
Rajan, Dehli, India
“Sono venuto a Delhi con mia madre ed il suo secondo marito. Avevo sette anni, adesso ne ho tredici. Mia mamma mi ha abbandonato alla stazione degli autobus mentre stavo dormendo e non l’ho più vista. Improvvisamente ero un orfano. Ho incontrato alcuni ragazzi che elemosinavano e ho iniziato a farlo anche io per mangiare. Non avevo un nome, così gli amici mi chiamavano Rjan, che vuol dire re. Ho iniziato a lavare i vetri delle macchine quando si fermavano al semaforo rosso. Dopo un po’ ci siamo spostati a piazza Connaught, l’area commerciale più grande della capitale, e abbiamo iniziato a raccogliere stracci. Ho anche lavorato in un ristorante lungo la strada per un po’. Mentre lavoravo lì ho incontrato delle persone che lavoravano per un’associazione benefica che si occupava di bambini indigenti, Jamghat, adesso lavoro per loro. Sono abbastanza felice qui. Anche se so dov’è mia madre adesso non ritornerò da lei. Sto studiando. Sto anche imparando a cucire, non in modo eccellente, ma adesso so scrivere anche le lettere. Mi piace il cricket. Sono stato da poco in Pakistan a giocare. Era un evento chiamato Cricket per la pace. La polizia mi ha picchiato diverse volte, una volta anche mentre stavo dormendo. Quando mi sento strano, sradicato, ritorno in strada. Vedo ancora i miei vecchi amici. Prendo un autobus ma non pago il biglietto. Ho visto tutta la capitale senza pagare. Ho viaggiato in parecchie città senza fare il biglietto. Sono stato a Mumbai, Haridwar e Dehradun. Sto vivendo con bambini come me e sono molto felice. Penso che studierò bene e poi aiuterò i bambini come me.”
Fonte: BBC