Circa 5.000 bambini di strada dormono tra le violenze della capitale, Bujumbura, e come sostiene l’Unicef, l’incombente crisi economica sarà devastante per i giovani.
BURUNDI – Dieudonné Ntahomvukiye ricorda fin troppo bene come ci si sente ad essere un bambino senza casa a Bujumbura, capitale del Burundi.
“I bambini di strada hanno la faccia da bambino, ma il cuore di un adulto” dice l’assistente sociale che ha vissuto in strada per tre anni, a partire dall’età di cinque anni, e che ora aiuta i bambini senza casa.
Nel 1989 Ntahomvukiye ha deciso di lasciare la sua casa “perché pensavo di poter vivere meglio che nella mia famiglia”. Suo padre era alcolizzato e sua madre lottava per sfamare lui ed i suoi tre fratelli più piccoli. “Ma è qui che è iniziata la miseria” dice.
Dopo tre anni segnati da stupri e abuso di droga, “non è stato più un bambino” dice. Sua sorella ed i suoi fratelli l’hanno raggiunto in strada dopo che i loro genitori sono stati uccisi in un massacro etnico nel 1993, durante l’inizio di una guerra civile durata 12 anni. Poco dopo, è stato accolto da un’organizzazione che tutela i diritti dei bambini.
Un decennio dopo la fine della guerra civile, la povertà è ancora diffusa in questo paese dell’Africa centrale – ed il conflitto si è riacceso. Il 12 novembre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha votato per adottare una risoluzione che condanna le uccisioni, le torture e le violazioni dei diritti umani che hanno avuto luogo dal momento in cui, nel mese di aprile, è scoppiata una nuova crisi politica.
L’oscillare del Burundi tra uno stato di fragile pace e uno di combattimenti mette a serio rischio le condizioni di vita precarie dei bambini di strada.
Nitunga Barengayabo è uno di loro. Sua madre dice che ha 15 anni, ma sembra averne non più di 12. Paga il proprietario di un bar e di un night club per dormire accanto al suo edificio ogni notte. I suoi unici averi sono un sacco di plastica nera ed una giacca per le notti fredde.
In una giornata buona, Barengayabo fa circa 1.000 franchi burundesi ($ 0.64) chiedendo l’elemosina. Aveva l’abitudine di andare in giro con suo fratello minore, ma la coppia si separò durante il caos scatenatosi a seguito della decisione del presidente, Pierre Nkurunziza, di candidarsi per la terza volta alle elezioni.
Quando il generale di Godefroid Niyombare e le sue forze ribelli hanno combattuto per conquistare la capitale tentando un colpo di stato, in particolare durante lo scontro a fuoco con le fazioni rivali del servizio di sicurezza del Burundi, i bambini che cercavano di vendere i sacchetti di plastica per pochi franchi e raccoglievano gli avanzi di frutta dal mercato centrale si sono trovati a fare i conti con una pioggia di granate che esplodevano.
Alla fine, il colpo di stato fu sconfitto, Niyombare fuggì e così fece anche il fratello di Barengayabo. “Lui non tornerà mai” dice Barengayabo.
La madre dei ragazzi non era riuscita a sostenerli economicamente così era solita mandarli fuori dalla loro casa in collina vicino a Bujumbura per chiedere l’elemosina in città, a volte per settimane. Nessuno dei bambini ha un certificato di nascita perciò non sono mai andati a scuola.
Ma il caso di Barengayabo non è assolutamente isolato. Ragazzi e ragazze in abiti laceri occupano quasi ogni strada del centro di Bujumbura, dove hanno luogo gran parte delle violenze che hanno caratterizzato gli ultimi mesi.
Fonte: The Guardian